Onorevoli Deputati! - L'acqua è fonte di vita. Senza acqua non c'è vita. L'acqua costituisce pertanto un bene comune dell'umanità, un bene irrinunciabile che appartiene a tutti. Il diritto all'acqua è un diritto inalienabile: dunque l'acqua non può essere proprietà di nessuno, bensì bene condiviso equamente da tutti.
      Oggi sulla Terra più di un miliardo e trecento milioni di persone non hanno accesso all'acqua potabile. Si prevede che nel giro di pochi anni tale numero raggiunga i tre miliardi. Il principale responsabile di tutto ciò è il modello neoliberista che ha prodotto un'enorme disuguaglianza nell'accesso all'acqua, generando oltretutto una sempre maggiore scarsità di quest'ultima, a causa di modi di produzione distruttivi dell'ecosistema.
      E, tuttavia, le pressioni ai diversi livelli (internazionale, nazionale e locale), finalizzate ad affermare la privatizzazione e l'affidamento al cosiddetto «libero mercato della gestione della risorsa idrica», continuano imperterrite e travalicano trasversalmente le diverse culture politiche e amministrative.
      Per questo affermiamo che arrestare i processi di privatizzazione dell'acqua assume, nel XXI secolo, sempre più le caratteristiche di un problema di civiltà, che chiama in causa politici e cittadini, e che chiede a ciascuno di valutare i propri atti, assumendosene la responsabilità rispetto alle generazioni viventi e future.
      Le istituzioni economiche, finanziarie e politiche, che per decenni hanno creato il degrado delle risorse naturali e l'impoverimento idrico di migliaia di comunità umane, oggi dicono che l'acqua è un bene prezioso e raro e che solo il suo valore economico può regolare e legittimare la sua distribuzione.
      Noi sappiamo che non è così. Dopo decenni di «ubriacatura» neoliberista, gli effetti della messa sul mercato dei servizi

 

Pag. 2

pubblici e dell'acqua dimostrano come solo una proprietà pubblica e un governo pubblico e partecipato dalle comunità locali possono garantire la tutela della risorsa, il diritto e l'accesso all'acqua per tutti e la sua conservazione per le generazioni future.
      In questa battaglia, insieme globale e locale, è ormai largamente diffusa la consapevolezza delle popolazioni riguardo alla necessità di non mercificare il bene comune acqua e non esiste quasi più territorio che non sia attraversato da vertenze per l'acqua.
      Le lotte per il riconoscimento e per la difesa dell'acqua come bene comune hanno acquisito in questi anni una rilevanza e una diffusione senza precedenti, assumendo anche nuovi significati ed essendo oggetto di approfondimenti.
      Da una parte, le lotte contro la privatizzazione e per il diritto d'accesso all'acqua e alle risorse naturali sono state il motore di cambiamenti sociali e politici epocali in un continente come l'America latina (basti pensare alla Bolivia che oggi, primo Paese al mondo, ha un Ministro per l'acqua, o all'Uruguay, che ha deciso, attraverso referendum, di inserire l'acqua come diritto umano e bene comune nella propria Costituzione) e in diverse aree geografiche planetarie (prima fra tutte, la lotta delle donne e dei contadini indiani, contro le dighe del Narmada); dall'alta parte, le lotte per l'acqua tendono sempre più a divenire strumento di costruzione di pace contro la guerra globale, oggi sempre più determinata dalla competizione per il controllo delle risorse naturali strategiche, di cui l'acqua è la più importante.
      Anche nel nostro Paese l'importanza della questione acqua ha raggiunto nel tempo una forte consapevolezza sociale e una capillare diffusione territoriale, aggregando culture ed esperienze differenti e facendo divenire la battaglia per l'acqua il paradigma di un altro modello di società.
      È un percorso che parte da lontano. Nel 2003, dichiarato dall'Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) «Anno mondiale dell'acqua», proprio a Firenze si svolse il Forum mondiale alternativo dell'acqua che, ispirandosi al concetto di acqua come bene comune necessario alla vita, bocciò le politiche fondate sulla trasformazione dell'acqua in merce, anche mediante l'introduzione del cosiddetto «partenariato pubblico-privato», chiedendone con forza la proprietà e la gestione pubbliche come garanzia di libero accesso per tutti.
      Da allora sono state decine e decine le vertenze che si sono aperte nei territori contro la privatizzazione dell'acqua e per un nuovo governo pubblico e partecipato della stessa: dall'Abruzzo alla Sicilia, dalla Campania alla Lombardia, dal Lazio alla Toscana, dove nel 2005 sono state raccolte più di 43.000 firme in calce a una legge regionale d'iniziativa popolare.
      La necessità di mettere in rete e di collegare fra loro queste diverse esperienze, unita alla consapevolezza che per poter produrre un cambiamento effettivo occorreva costruire sull'acqua una vertenza di dimensione nazionale, sono state il terreno di coltura che ha permesso nel marzo 2006 l'effettuazione a Roma del primo Forum italiano dei movimenti per l'acqua, cui hanno partecipato centinaia di realtà territoriali e decine di reti nazionali, associative, sindacali e politiche.
      Il Forum, attraverso i suoi seminari, ha messo a fuoco l'intera questione acqua, dagli aspetti di politica globale a quelli territoriali, dalla tutela della risorsa alla sua gestione, dalla critica delle liberalizzazioni e delle privatizzazioni alla ricerca di nuovi modelli di pubblico basati sulla democrazia partecipativa.
      Con un'importante conclusione condivisa: la necessità di un cambiamento normativo nazionale, che segnasse una svolta radicale rispetto alle politiche, trasversalmente condivise negli ultimi vent'anni, che hanno fatto dell'acqua una merce e del mercato il punto di riferimento della sua gestione. Provocando dappertutto degrado e spreco della risorsa, precarizzazione del lavoro, peggioramento della qualità del servizio, aumento delle tariffe, riduzione dei finanziamenti per gli investimenti, diseconomicità della gestione, mancanza di trasparenza e di democrazia Ovvero il
 

Pag. 3

totale fallimento degli obiettivi promessi da una martellante campagna di promozione comunicativa in ordine ai benefìci della privatizzazione e del cosiddetto partenariato pubblico-privato» - maggiore qualità, maggiore economicità, maggiori investimenti - che, alla prova dei fatti si sono dimostrati totalmente inconsistenti.
      Nel frattempo, il cambiamento realizzatosi con le elezioni politiche dell'aprile 2006 ha portato al governo la coalizione de L'Unione, che nel suo programma contiene il principio del mantenimento nelle mani pubbliche della proprietà e della gestione del servizio idrico integrato. Un importante passaggio, frutto anche della mobilitazione sociale che in questi anni ha reso cultura di massa l'idea dell'acqua come bene comune non mercificabile.
      Proprio perché tale cultura diventi politica concreta ed esperienza consolidata, le realtà territoriali e le reti nazionali che hanno promosso il Forum italiano dei Movimenti per l'acqua hanno deciso di darsi e di fornire al Paese uno strumento normativo che disegni il quadro della svolta auspicata: una proposta di legge d'iniziativa popolare con gli obiettivi di tutela della risorsa e della sua qualità, di ripubblicizzazione del servizio idrico integrato e di gestione dello stesso attraverso strumenti di democrazia partecipativa.
      Una proposta di legge che passiamo ad illustrare.

          L'articolo 1 stabilisce le finalità della legge, identificate con la definizione dei princìpi con cui deve essere gestito il patrimonio idrico nazionale e con la definizione di un governo pubblico e partecipativo del ciclo integrato dell'acqua.

          L'articolo 2 stabilisce i princìpi generali, definendo l'accesso all'acqua come diritto umano inviolabile, l'acqua come bene esauribile da tutelare anche per le generazioni future, l'indisponibilità dell'uso della stessa secondo logiche di mercato, la priorità dell'uso per l'alimentazione e l'igiene umane, la priorità dell'uso produttivo per l'agricoltura e per l'alimentazione animale, la necessità che ad ogni prelievo concesso corrisponda un contatore dell'uso.

          L'articolo 3 stabilisce i princìpi relativi alla tutela e alla pianificazione della risorsa acqua, definendo l'obbligatorietà per ogni bacino idrografico di dotarsi, entro due anni dalla data di entrata in vigore della legge, di un bilancio idrico di bacino e di una pianificazione delle destinazioni d'uso dell'acqua, vincolando all'esistenza di questi ultimi le concessioni al prelievo, designando l'esclusività di destinazione all'uso umano delle acque così definite per le loro caratteristiche qualitative e stabilendo gli strumenti per la conservazione della qualità della risorsa.

          L'articolo 4 stabilisce i princìpi relativi alla gestione del servizio idrico, definendo tale servizio privo di rilevanza economica e sottratto ai princìpi della libera concorrenza, poiché persegue finalità sociali e ambientali di pubblico interesse.

          L'articolo 5 stabilisce i princìpi del governo pubblico del ciclo integrato dell'acqua, definendo le modalità della gestione integrata, la proprietà pubblica e inalienabile delle infrastrutture e delle reti e l'affidamento della gestione e dell'erogazione del servizio idrico integrato in via esclusiva ad enti di diritto pubblico.

          L'articolo 6 stabilisce le modalità della fase di transizione verso la ripubblicizzazione della gestione del servizio idrico integrato, stabilendo la decadenza degli affidamenti in essere in concessione a terzi, e definendo i tempi e i vincoli per la trasformazione degli affidamenti in essere attraverso società a capitale misto pubblico-privato o attraverso società a capitale interamente pubblico. Il medesimo articolo definisce anche il ricorso ai poteri sostitutivi in caso di mancata ottemperanza a quanto previsto, nonché la necessità di assicurare forme di trasparenza e di partecipazione durante la fase di transizione.

          L'articolo 7 stabilisce, al fine di favorire i processi previsti dalla fase di

 

Pag. 4

transizione, l'istituzione del Fondo nazionale per la ripubblicizzazione del servizio idrico integrato, prevedendo che il Governo adotti un apposito regolamento, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge, per disciplinare le modalità di accesso a tale Fondo.

          L'articolo 8 stabilisce le modalità di finanziamento del servizio idrico integrato attraverso la fiscalità generale, definendo a carico della stessa la copertura in parte dei costi di investimento e la copertura dei costi di erogazione del quantitativo minimo vitale giornaliero per persona.

          L'articolo 9 stabilisce le modalità di finanziamento del servizio idrico integrato attraverso la tariffa, definendo l'erogazione gratuita di cinquanta litri per abitante come quantitativo minimo vitale giornaliero; stabilendo i princìpi cui dovranno conformarsi le normative regionali per la definizione delle fasce tariffarie per consumi superiori; definendo come interna alla tariffa per gli usi non domestici una quota parte da destinare alla copertura dei costi di investimento, dei costi delle attività di bonifica dagli inquinanti e delle attività di prevenzione e controllo.

          L'articolo 10 stabilisce i princìpi del governo partecipativo del servizio idrico integrato che le normative regionali dovranno disciplinare.

          L'articolo 11 stabilisce l'istituzione del Fondo nazionale di solidarietà internazionale, finalizzato a favorire l'accesso all'acqua potabile per tutti gli abitanti del pianeta e a contribuire alla costituzione di una fiscalità generale universale per garantire tale accesso.

          L'articolo 12 stabilisce la copertura finanziaria della legge, attraverso una destinazione di risorse annuali pari al 5 per cento delle somme destinate nell'anno finanziario 2007 alle spese militari; attraverso la destinazione annuale delle risorse derivanti dalla lotta all'elusione e all'evasione fiscali e dalle sanzioni previste per la violazione delle legge di tutela del patrimonio idrico nonché attraverso la destinazione di una quota parte dell'imposta sul valore aggiunto applicata al commercio delle acque minerali. La copertura finanziaria è altresì assicurata attraverso l'istituzione di una tassa di scopo relativa al prelievo fiscale sulla produzione e sull'uso di sostanze chimiche inquinanti per l'ambiente idrico. Il medesimo articolo delega il Governo all'adozione, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge, di un decreto legislativo di definizione della citata tassa di scopo e prevede la non inclusione delle menzionate risorse nel patto di stabilità economica interno.

 

Pag. 5